CANDIDATI “ATTIVI” O CANDIDATI “PASSIVI”?

Qualcuno afferma che cambiare idea è indicatore di intelligenza e flessibilità mentale, insomma una cosa positiva.

Spero davvero lo sia perché in questo periodo sto maturando una convinzione sempre più radicata che al contrario da anni era stata un caposaldo della mia attività di head hunter.

La convinzione assoluta che un buon head hunter debba preferire i cosiddetti “candidati passivi” a discapito di quelli attivi e che i primi siano in possesso di maggiori qualità.

Credo che parte della convinzione comune sia anche dovuta al fascino che la nostra professione incarna da sempre, ovvero la convinzione che un vero head hunter debba obbligatoriamente corteggiare candidati impossibili, avvicinandoli prima con metodi alla James Bond e poi trattare le condizioni contrattuali della nuova posizione ai tavoli di lussuosi ristoranti.

Spesso anche la convinzione delle imprese per le quali ho lavorato e dei responsabili HR era quella che se avessero assunto persone che non erano interessate ad un cambiamento professionale avrebbero ricevuto più valore e maggiori performance in cambio.

Ho pensato molto agli incarichi che ho svolto in questi 25 anni di attività ma ad essere del tutto onesto non ho mai rilevato questa grande differenza di “pregi e qualità” fra i candidati passivi e quelli attivi nella ricerca di nuove opportunità.

Tralasciando il fatto che ho svolto colloqui di selezioni nei posti più improbabili in ogni parte del mondo e che sovente nulla avevano a che fare con i lussuosi ristoranti dell’immaginario collettivo, ma somigliavano più miseramente a salette business di stazioni ferroviarie o aeroporti, autogrill o uffici recuperati all’ultimo minuto tramite colleghi compiacenti, credo di essermi liberato di questa inutile convinzione; i candidati passivi non sono necessariamente migliori di quelli attivi.

 

CANDIDATI PASSIVI

Sono attivamente impegnati e felici nel ricoprire il loro incarico e NON sono alla ricerca di altre posizioni. Sono generalmente difficili da raggiungere in quanto non utilizzano social ed evitano di pubblicare i loro dati per un contatto diretto.

 

CANDIDATI ATTIVI

Possono essere occupati in una posizione lavorativa oppure no, inviano il Curriculum e rispondono alle inserzioni di ricerca personale, fanno intensamente networking e sono solerti nel rispondere alle chiamate dei recruiter.

Le motivazioni che li spingono ad essere così attivi possono essere le più disparate e solitamente hanno a che fare con la preoccupazione di perdere l’attuale posto di lavoro o la crescita professionale.

Nonostante siano motivazioni assolutamente comprensibili il comportamento dei candidati attivi non piace e viene considerato come negativo associandolo al fatto che probabilmente stanno perdendo o hanno già perso il lavoro perché non erano poi così validi.

 

Ho provato allora a capovolgere il ragionamento e pensare che ad esempio un candidato potrebbe essere “passivo” non perché particolarmente motivato in quello che fa ma solamente perché si è parcheggiato in una posizione in attesa del pensionamento senza scossoni e senza offrire all’azienda che lo ospita particolari qualità o vantaggi.

Mi sono convito che PASSIVO non significa obbligatoriamente MIGLIORE e al tempo stesso ATTIVO non è sinonimo di INFERIORE.

Non c’è nulla di sbagliato o penalizzante nel considerare la persona giusta per le aziende che mi hanno incaricato di ricercare i loro talenti scegliendolo fra i due gruppi distinti.

Quello che invece è davvero importante è poter offrire ai miei candidati una grande e solida opportunità di carriera che li faccia innamorare di ciò che fanno e siano appagati non solamente dal punto di vista professionale.

Vincono loro e vinco io!

Da anni ormai la mia strategia di reclutamento non si basa sui candidati “passivi” o “attivi” ma sui candidati con le migliori caratteristiche a prescindere dal cluster di provenienza, cosa che mi consente di impiegare una maggiore varietà di tecniche e strategie con risultati di maggior successo.

Pensare al mercato del reclutamento con un’ottica “attivo” VS “passivo” significa perdere di vista la visione generale e occludersi grandi opportunità di incontrare persone e candidati dalle potenzialità straordinarie.

Spesso i candidati maggiormente dinamici ed attivi nella ricerca di nuove soluzioni per la propria carriera sono anche più flessibili ed adattabili, maggiormente disponibili ad acquisire nuove nozioni, a formarsi e certamente altrettanto qualificati e motivati di quelli passivi.

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